L’insostenibilità della guerra

La fame, la corsa alle materie prime energetiche, popolazioni in fuga e la natura che si rivolta non sono tematiche da mettere in pausa solo perché c’è la guerra.

La guerra è diventata insostenibile

Non è la solita frase effetto che si legge sui giornali per far capire che la guerra è una cosa malvagia e non va fatta, ma, dati alla mano, è una realtà pericolosa che sta modificando radicalmente scenari socio-politici e dai quali dipendono poi le tre leve della sostenibilità: economia, società e ambiente.

Se da una parte Musk e Andreessen – due famosi investitori e imprenditori, il venture capitalist Marc Andreesseen, fondatore di Andreesseen Horowitz, e il Ceo di Tesla, Elon Musk – hanno espresso ultimamente in maniera abbastanza polemica la loro opposizione alla sostenibilità, in quanto secondo i due magnate potrebbe diventare una forma per mascherare i fondi destinati all’ESG come risorse per produrre armamenti.

Dall’altra non dobbiamo dimenticare la situazione globale del nostro pianeta e puntare il focus su ciò che non va assolutamente dimenticato nonostante la guerra.

Il fine ultimo è quello di mettere in pausa il programma della sostenibilità perché c’è il conflitto.

La guerra non sta distruggendo solo la sostenibilità ambientale

Sebbene la guerra al momento sembra stia avendo un fortissimo impatto ambientale, non dobbiamo dimenticare le sue conseguenze mondiali dal punto di vista economico ma soprattutto sociale.

L’economia mondiale sotto scacco della guerra

Se prima si lavorava alacremente per portare sullo stesso piano tutte le popolazioni mondiali, rendendole autonome e indipendenti, ma soprattutto di pari livello, oggi c’è un brusco risveglio che pone la società davanti a un problema ancora più grande: la dipendenza dei vari Paesi dalle fonti primarie.

Europa

Basti pensare a quanto potere abbia in mano la Russia esportando il gas a varie nazioni d’Europa.
Come se non bastasse, Ucraina e Russia sono i primi produttori di grano, materia prima che dà sostentamento a regioni asiatiche e nord africane.

È notizia di questi giorni che l’Europa stia partecipando ad un gruppo di lavoro sull’energia con Israele.
Il piano è quello di acquistare gas naturale da Israele, per poi farlo arrivare in Egitto dove sarà liquefatto ed esportato nell’Unione Europea.

L’interrogativo è spontaneo: seriamente l’Europa vuole perdere la possibilità di diventare un polo indipendente basato sulla forza delle alleanze fra le Nazioni che la compongono, cedendo sul piano energetico a Paesi esteri?

Se da un lato finalmente si è indipendenti dall’egemonia energetica russa, dall’altra in mano di chi ci stiamo mettendo?

Non dimentichiamo che l’Egitto è quel Paese dove Giulio Regeni – era un dottorando italiano dell’Università di Cambridge rapito al Cairo il 25 gennaio 2016, giorno del quinto anniversario delle proteste di piazza Tahrir, e ritrovato senza vita il 3 febbraio successivo nelle vicinanze di una prigione dei servizi segreti egiziani – ha trovato la morte in circostanze misteriose e ancora non chiare all’Italia.

La guerra e l’umanità

La guerra è insostenibile a livello umano.
Con questa frase non si menzionano solamente gli abomini e le vittime di guerra che i conflitti stanno mietendo quotidianamente, ma stiamo anche affrontando un discorso parallelo generato dagli effetti che la guerra impone.

La scarsa produzione di grano spingerà inevitabilmente popolazioni africane, quali Libano e Algeria, a migrare verso il continente europeo alla ricerca di una fortuna migliore e soprattutto per scappare alla povertà.

Dal canto suo l’Europa è già in ginocchio a causa del movimento migratorio delle vittime della guerra in Ucraina, abbiamo visto in quanti stanno pressando Polonia e Romania per scappare dai conflitti bellici.

Danni collaterali

Tutto questo si va a sommare alle problematiche già presenti dell’Unione Europea, generando non solo malcontento ma portando al collasso situazioni pregresse.

Un esempio può essere rappresentato bene dall’Italia e dalla sfera lavorativa-occupazionale.
In Italia oggi è complicatissimo trovare lavoro.

La situazione è molto deleteria e vede i datori di lavoro nascosti dietro contratti ben oltre il limite sindacale e  disoccupati aggrappati al reddito di cittadinanza per sopravvivenza e convenienza. Con il movimento migratorio generato degli ultimi due mesi, le speranze di trovare occupazione da parte degli italiani sono ridotte a zero e la situazione avrà due alternative: aumento della criminalità e esodo verso Paesi professionalmente più amichevoli.

L’ambiente continua a soffrire anche durante la guerra

Il fatto che ci sia una guerra in corso non esclude il fatto che le difficoltà ambientali siano state messe in pausa.

Se guardiamo solo la nostra Nazione, abbiamo già visto – durante la giornata mondiale dell’acqua – come la scarsità delle piogge abbia prosciugato bacini idrici e come le acque profonde siano in seria difficoltà.

Un esempio lampante è la foto del fiume Po nella Pianura Padana che, dopo 100 giorni di siccità, non garantisce il rifornimento idrico necessario alle colture del nord Italia.

Se invece ci concentriamo all’estero, abbiamo ancora il problema dello scioglimento dei ghiacciai ed è difficile pensare oggi quanto il Cremlino, che presiede il consiglio Artico, stia facendo qualcosa per monitorare e contrastare il fenomeno di fusione dei ghiacci.

Gli incendi in Siberia, la siccità record e le inondazioni sempre più frequenti ci hanno dimostrato che il pianeta sa essere la causa di forza maggiore.
Il silenzio degli ambientalisti oggi è assordante, non c’è più il movimento che c’era prima per porre l’attenzione su questa urgenza.

Gli obiettivi ESG e l’Agenda 2030 sono in pausa?

Fare previsioni certe sul futuro non è possibile.

Di certo c’è che la guerra ha fatto tendere l’arco all’indietro, posizionando una freccia che dovrà flettersi ancora prima di prendere lo slancio e guidarci verso un futuro sostenibile sotto tutti i punti di vista.

Ricordiamo che la guerra è distante, ma non è sostenibile e i suoi effetti sono devastanti per tutta l’umanità.

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