Che cos’è, come funziona e soprattutto quali sono le tutele del diritto alla disconnessione? A rispondere è l’Avvocato del lavoro Benedetta Rosini.
Un profondo cambiamento
Il mondo del lavoro sta subendo un profondo cambiamento. Dall’inizio dell’emergenza sanitaria, c’è stata una rivoluzione profonda in tantissime aziende.
Tutto ciò ha portato a delle modifiche radicali anche dal punto di vista della presenza del dipendente sul posto di lavoro, accelerando prepotentemente l’avvento dello smart working.
Ma portare il lavoro dentro le case di ognuno di noi rischia di creare scompiglio nelle abitudini quotidiane delle famiglie italiane.
Lavoro e vita privata – Il Diritto alla disconnessione
Proprio per disegnare una linea che separa lavoro dalla vita privata, nasce il diritto alla disconnessione.
Secondo la bozza illustrata dall’esponente del governo Draghi anche il lavoratore pubblico in smart working avrà diritto a un periodo di riposo consecutivo giornaliero non inferiore a 11 ore per il recupero delle energie psicofisiche, così come prevede il contratto per il lavoro in presenza.
“È un piano sicuramente nuovo che assume un’importanza considerato che oggi circa 4 milioni di lavoratori lavorano in smart working, quindi è decisamente importante.”
Analizza l’Avvocato Benedetta Rosini, avvocato civilista e specializzata nel diritto del lavoro che ha esaminato cos’è, come funziona, che cosa comporta, quali sono le tutele del diritto alla disconnessione e come possiamo approcciare nel migliore dei modi allo smart working.
Avvocato, iniziamo facendo chiarezza, cosa si intende per diritto alla disconnessione nello Smart Working?
Il diritto alla disconnessione è legato allo smart working o al lavoro agile. Come sappiamo tutti negli ultimi tempi ha cambiato le nostre abitudini lavorative. I
l lavoro agile ha permesso a molti di continuare a lavorare nonostante le restrizioni, ma cambiando quelle che erano le nostre abitudini e portando nelle nostre residenze i nostri uffici, attraverso gli strumenti informatici che appartengono sia alla vita lavorativa che all’ambito personale.
Il diritto alla disconnessione è legato proprio a questo aspetto.
Il fatto che il lavoro sia entrato nelle nostre case non deve creare una confusione tale da non permettere più ai lavoratori di non avere una vita privata, quindi preserva il riposo e il momento conviviale tra amici e famiglia.
Il diritto alla disconnessione è il diritto a disconnettersi da quelli che sono gli strumenti informatici utilizzati nella nostra attività lavorativa e di non rispondere a mail e telefono al di fuori dell’orario di lavoro.
Importante è anche il non sentirsi obbligati a rispondere. Molto spesso capita di ricevere mail a orari improbabili, è normale leggerle come è altrettanto normale rispondere.
Il problema è che poi il lavoro permea tutta la nostra vita, con delle conseguenze anche dal punto di vista psicofisico che possono essere pregiudizievoli per l’individuo e per l’azienda.
Il diritto alla disconnessione è il diritto a disconnettersi e concentrarsi esclusivamente sulla nostra vita senza avere ripercussioni sia sul piano professionale che lavorativo.
La distinzione tra smart working e telelavoro
Abbiamo parlato con il Professor Pesenti in settimana, facendo una distinzione tra smart working e telelavoro.
Il diritto alla disconnessione interessa anche il telelavoro oppure è una prerogativa solo dello smart working?
Il diritto alla disconnessione non ha una disciplina chiara e uniforme a livello nazionale, europeo e per tutti i lavoratori. Ci sono delle differenze tra privato pubblico e altro.
Non può essere associato o per analogia applicato al telelavoro.
Smart Working e telelavoro sono due cose diverse.
Quest ultimo è un lavoro fatto a tutti gli effetti a casa, dove sono io che decido di svolgere la mia attività tra le mura domestiche esattamente come faccio in ufficio.
Lo smart working invece ha delle caratteristiche lavorative molto diverse da quelle a cui noi siamo abituati a pensare. Il lavoro agile prevede una tipologia di impiego svincolata da canoni di tempo e spazio per come lo caratterizzano normalmente.
In questo caso il lavoratore sceglie come organizzare la sua giornata, tanto che a questo punto non può svolgere lavoro straordinario.
Questa è una caratteristica particolare dello smart working perché è caratterizzato da una progettualità e da un’organizzazione diverse sia da parte del datore di lavoro che in quella del lavoratore.
Oggi siamo in una situazione di lavoro agile soprattutto nel settore pubblico per fronteggiare una fase di emergenza sanitaria che conosciamo tutti.
Tuttavia lo smart working era già noto nelle grandi aziende e nelle multinazionali, perché permetteva di affrontare tante tematiche diverse rispetto a quella che era la tipologia classica di lavoro. C’era una tipologia diversa, si avevano tempistiche molto più elastiche e garantisce al lavoratore anche una maggiore fruibilità del proprio tempo e del proprio spazio.
All’interno della modalità di lavoro agile, come si regolamentano gli aspetti di malattia, infortunio, maternità, ferie e permessi?
Il diritto alla disconnessione è il diritto di scollegarsi dagli strumenti che ci tengono legati al lavoro. Questo è un diritto esercitabile soprattutto in quelle giornate in cui noi ci assentiamo dal lavoro, quindi la giornata di malattia, ferie e permesso rientrano nell’ambito di questo discorso.
Al lavoratore viene garantito tutto senza la pressione di rispondere. Si può dire che per tanti dipendenti non è un problema rispondere a un messaggio di lavoro, per tante altre persone invece è un elemento di disturbo della sfera privata e preferiscono staccarsi dal lavoro per ricaricarsi e fare ciò che ritengono più confacente alle loro esigenze di vita.
C’è una parola che gli inglesi usano spesso ed è Workaholic e cioè gli alcolizzati di lavoro, io potrei essere definita una di loro – ride, ndr – ma il diritto alla disconnessione preserva proprio l’aspetto di vita privata e l’intimità di ciascuno.
Come viene garantito il diritto alla disconnessione?
Oggi viene garantito attraverso una legge introdotta nel 2021, a posteriori della fase pandemica che ha dato un’accelerata verso quello che era la metodologia di lavoro agile e garantisce che “è riconosciuto al lavoratore che svolge l’attività agile il diritto alla disconnessione dalle strumentazioni tecnologiche e dalle piattaforme informatiche nel rispetto degli eventuali accordi sottoscritte dalle parti, fatto salvo eventuali periodi di reperibilità concordata.”
Questa è la novella del 2021 che ha introdotto il diritto alla disconnessione per i lavoratori del settore pubblico e chiaramente è il primo accenno completo al diritto di disconnessione in Italia.
Precedentemente come fa cenno la legge, tutto quello che è diritto alla disconnessione veniva rimesso all’accordo tra le parti. Quindi erano le aziende che in accordo con i sindacati e i lavoratori, stabilivano le regole del diritto alla disconnessione.
Oggi è stato introdotto questo articolo che è molto importante perché garantisce il diritto a disconnettersi dalle strumentazioni tecnologiche senza nessuna ripercussione sul piano retributivo o sotto il profilo dell’avanzamento di carriera.
Come viene tutelato
Il come viene tutelato è un discorso particolare che apre tante discussioni.
In Italia la novella legislativa ha introdotto questa definizione al diritto di disconnessione. Ma di fatto ci sono tanti spazi aperti ancora. Questo è solo un inizio che apre la strada verso l’effettivo diritto alla disconnessione.
Sicuramente tante aziende stanno già facendo i loro passi oltre quello che effettivamente è stato introdotto a livello normativo. Questi movimenti avvengono già dal 2015.
Ci sono diverse aziende come Enel, Vodafone e Barilla che hanno già introdotto negli accordi e nei contratti il diritto a disconnettersi da parte dei lavoratori, fatta salva la necessità per i superiori di interloquire con i loro sottoposti in smart working durante l’orario di lavoro.
Ci sono molte clausole in molti contratti che prevedono delle eccezioni al diritto di disconnessione oltre l’orario standard di lavoro. La novella 2021 è dirompente perché parla di un qualcosa che è completamente nuovo nel panorama italiano e concretizza quello che era il tentativo già del 2017, di introdurre un diritto di disconnessione per i lavoratori da remoto.
A quei tempi il legislatore aveva introdotto una dicitura molto più vaga e parlava dell’eventuale accordo tra le parti e garantire ai lavoratori di disconnettersi dagli strumenti tecnologici, ma non parlava di un diritto vero e proprio. Oggi c’è una legge che è un inizio importante per discutere su questa tematica.
Quando nasce in Italia?
Nasce nel periodo post covid. È stata introdotta nel marzo del 2021 come decreto legge, poi è stato convertito in legge, quindi è comunque recente.
Ma questa è una cosa molto importante perché in ambito europeo l’Italia ha affrontato tempestivamente questa tematica. È un pregio e un plauso che possiamo fare a noi stessi. Ci sono diversi Paesi europei che stanno affrontando la stessa problematica, ma che non hanno ancora messo mano alla disciplina di questo diritto.
Le piccole e medie imprese
Avvocato lei ha detto prima due cose molto importanti. La prima, che i dipendenti hanno ricevuto strumenti da parte delle aziende per cui lavorano, ma anche nelle piccole e medie imprese è stato davvero così?
Nella maggior parte penso proprio di si. Non ho un dato numerico certo per quanto riguarda i lavoratori di piccole e medie imprese, posso dire che in Italia rappresentano il tessuto economico di gran parte del Paese, perché una buona percentuale delle aziende italiane sono piccoline e con strumenti e risorse davvero limitati.
Durante il primo lockdown, questa novità dello smart working è improvvisamente caduta addosso alle aziende e ai lavoratori, in gran parte erano impreparati ad affrontarlo.
In un primo momento le aziende probabilmente non sono state in grado di supportare i lavoratori fornendo tutto ciò che era utile procurarsi e parliamo quindi di stampanti, di computer, di scanner…
Nella fase iniziale ci sono state grossissime difficoltà e confusione. La situazione si è andata tuttavia regolando nel prosieguo. Nessuno si aspettava che la fase pandemica durasse così tanto, invece poi il proseguire del lockdown e il ritorno della quarantena hanno imposto a tutti di adeguarsi.
A quel punto le aziende hanno fatto fronte alle esigenze dei lavoratori. Oggi la maggior parte di noi ha una postazione a casa attrezzata per lavorare comodamente, senza recarsi in ufficio.
Questa è stata un’occasione per aziende e lavoratori di concepire un modo di lavorare diverso anche più vicino alle proprie esigenze, ma che sarebbe stato impossibile senza la pandemia. È brutto a dirsi, ma a volte dalle cose spiacevoli nascono delle occasioni e questa è stata l’occasione di adeguarsi ai tempi.
Il settore pubblico
La seconda cosa importante che ha detto è stata: per il settore pubblico.
Come si pone il diritto alla disconnessione tra il settore pubblico e privato? Abbiamo visto che la scuola ha usufruito più di tutti di internet e dello smart working, quindi il diritto di connessione in che modo interessa anche il mondo della scuola?
Il lavoro pubblico è interessato dalla legge 61/2021 e in particolare dall’articolo nominato sopra in cui si fa cenno al diritto dalla disconnessione completamente. Si fa quindi una tutela importante dei lavoratori pubblici.
Nel settore privato è tutto gestito in maniera pattizia, contrattualmente sono le aziende a regolare il diritto alla disconnessione unitamente con il lavoratore, disciplinando lo smart working sotto diversi punti di vista.
Ci saranno dei contratti ad Hoc che permetteranno ai privati di poter fruire di questo diritto. Ci sono anche degli accordi che sono in lavorazione tra più sigle sindacali e diversi settori del privato che disciplinano il diritto alla disconnessione e le modalità di questo diritto.
La scuola
Un ambito diverso è quello scolastico perché quello di cui parliamo quando si fa riferimento alla DAD è qualcosa di esclusivo che riguarda il comparto scuola.
La DAD ha una sua disciplina e il diritto alla disconnessione andrà a incidere sugli insegnanti che si sono fatti carico della gestione e prosecuzione di programmi, riunioni, colloqui e scrutini nonostante la chiusura delle scuole.
Portogallo docet
La cosa importante è che venga garantita al lavoratore una continuità di riposo di 11 ore e il diritto a non rispondere. Sotto questo profilo è importante la normativa introdotta in Portogallo, criticata da alcuni ma non da me, al contrario penso che sia lungimirante.
In Portogallo hanno introdotto il diritto alla disconnessione imponendo ai superiori, responsabili a chiunque si trovi in ruoli di responsabilità rispetto ad altri lavoratori, di non inviare comunicazione o telefonare oltre l’orario di lavoro.
Le critiche mosse a questa norma sono quelle di non tutelare il diritto alla disconnessione in sé, ma di andare oltre. Si dice questo perché questa normativa è sanzionabile per aver mandato la mail oltre l’orario di lavoro.
È più facile cadere nel mobbing con lo smart working?
Assolutamente si, perché le dinamiche che si instaurano nell’ambito lavorativo tra colleghi o superiori sono molto personali e ognuno di noi reagisce in maniera diversa.
Il mobbing per tante persone può essere non concepibile perché hanno delle caratteristiche umane che li rendono impermeabili alle richieste altrui; per altre persone invece potrebbe essere più toccante ricevere una mail a una certa ora del giorno e sentirsi obbligato a rispondere.
Però la componente personale e umana nel lavoro ha un suo rilievo e tende a essere sempre tenuta in considerazione.
Diritto alla disconnessione verso i dipendenti
Parliamo di componenti umane e di diritto alla disconnessione verso i dipendenti, ma esistono delle tutele o degli aspetti verso chi ricopre ruoli di responsabilità o verso dirigenti aziendali?
È chiaro che il diritto alla disconnessione ha una doppia faccia: il lavoratore da una parte, il datore di lavoro dall’altra che si pone il problema di mettersi nella condizione di controllare l’operato dei dipendenti senza essere incisivi.
Il rapporto tra datore di lavoro e lavoratore è un problema emerso con lo smart working, perchè oggi è un rapporto più distante rispetto a quando effettivamente si lavora tutti nello stesso ufficio o ambiente.
Ci sono degli aspetti che interessano i datori di lavoro, come il veder tutelata la produttività dell’azienda, nonostante il lavoro agile e le caratteristiche e le peculiarità di questa modalità di lavoro.
Spesso ai lavoratori si chiede un periodo di collaborazione a rendere fattibile per il datore di lavoro di verificare i risultati raggiunti e la produttività del dipendente in smart working. Anche di questo alcuni giuristi hanno affrontato una discussione perché lo stesso Garante della Privacy ha chiesto che i mezzi di controllo del datore di lavoro non devono incidere sulla vita personale dei dipendenti, o controllare l’operato da remoto.
Si cerca di conciliare le varie esigenze. Una contrattazione di quelle che sono le norme nel privato che regolamentano lo smart working rende più facile avvantaggiarsi di questa modalità nuova di lavoro nel rispetto di entrambe le sfere. Su questo avranno anche ruoli importanti sindacati e intermediari.
Come si pone l’Italia nei confronti dell’Europa?
L’Italia ha risposto in maniera molto tempestiva rispetto a questa nuova esigenza del mondo del lavoro.
Prima il Garante della Privacy, poi il decreto legge, è stata subito affrontata la tematica del diritto alla disconnessione e questo è importante perché testimonia la presenza di questo diritto e una tutela.
Rispetto all’Europa il nostro operato è in linea con ciò che viene richiesto dal Parlamento Europeo, il quale a fronte di questa nuova compagine lavorativa che si sta approcciando ai settori del lavoro, ha richiesto l’introduzione di una norma che guidi e detti i principi di regolamentazione.
Non tutti gli Stati europei hanno fatto altrettanto e questo è un merito che possiamo prenderci. Il Portogallo ha normalizzato il diritto alla disconnessione, così come lo hanno fatto la Spagna e la Francia.
La Germania invece non ha ancora messo mano a questa disciplina, tuttavia, come già presente in Italia, anche in Germania ci sono le aziende che hanno contrattualizzato questo tipo di diritto rimettendo al privato e al datore di lavoro l’accordo per il lavoro agile.
In altre zone come l’Irlanda è stato introdotto un manuale di buone maniere, con delle linee guida da tenere per il buon esito del lavoro agile.
Precursori
Devo dire che degli studi che ho fatto ciò che mi ha colpito di più è un regolamento introdotto dall’università di Varese, nel 2017,quindi in epoca non sospetta, aveva introdotto un diritto alla disconnessione vero e proprio, parlando di diritto alla disconnessione e vietando a dirigenti e responsabili, quindi a quelle persone che si trovano in posizioni apicali all’interno degli uffici, di inviare comunicazioni e mail dalle 20 alle 7 della mattina successiva.
Questo è illuminante perché si è interrogato il direttore o il rettore, ha posto l’attenzione su una tematica nuova, in tempi in cui nessuno si aspettava di dover fronteggiare per un gran numero di lavoratori come si è visto nell’arco di pochi anni.