Una conversazione con l’imprenditore e docente Luiss Gabriele Gabrielli.
Quando all’interno di un’azienda termina un ciclo generazionale, si crea sempre un pò di trambusto.
Tra i dipendenti si sviluppa uno stato di ansia e di allerta, iniziano a circolare voci di corridoio, ci si chiede se i prossimi ad arrivare saranno all’altezza della situazione oppure no.
La Transizione generazionale
Vedere poi dei ragazzi, magari anche giovani, prendere le redini della situazione dirigenziale, a volte fa anche storcere il naso.
Ma quindi come avviene una transizione generazionale? E soprattutto: come si fa a concluderla con delicatezza e nella maniera più corretta possibile?
Abbiamo conversato su uno dei temi più caldi di questi tempi con l’imprenditore Gabriele Gabrielli. Non solo nel passato HR Director di importanti imprese, ma anche coach e consulente, ideatore e presidente della Fondazione Lavoroperlapersona e Professore alla Luiss.
Qui sotto i passaggi più delicati e più importanti di una transizione generazionale. Lasciare un’azienda non è mai facile, ma per evitare delle ripercussioni ancora più dolorose, esistono delle buone pratiche che non vanno dimenticate.
Best practice – Visione d’azienda
Se si pensa di aver bisogno di grandi esperti o professionisti, si è sulla cattiva strada. Alla base di una transizione di successo c’è: la visione di azienda.
Una volta che chi lascia e chi subentra hanno lo stesso modo di vedere l’impresa, allora il passaggio diventa molto più semplice e veloce. L’idea di azienda, le regole di una transizione generazionale e alcune buone pratiche per assicurare un buon passaggio generazionale sono emerse dalla conversazione e dall’esperienza di Gabriele Gabrielli.
Parliamo delle transizioni generazionali
Professor Gabrielli, parliamo delle transizioni generazionali, cos’è e come avviene un passaggio generazionale in un’azienda?
Non c’è una regola standard valida per tutte le esperienze. Fare una transizione generazionale tra genitori e figli è un processo complesso che dipende innanzitutto dalla chiarezza dell’obiettivo finale e dalla motivazione di subentrare e gestire l’impresa.
Esistono diversi modi per farlo. In una transizione generazionale, uno degli aspetti fondamentali è nella mia esperienza la condivisione dell’idea che si ha dell’impresa.
Solitamente viene prestata maggiore attenzione ad altri aspetti e dimensioni, meno a discutere della visione dell’azienda. Voglio dire che è necessario, e anche utile, investire del tempo per assicurarsi che la visione dell’impresa sia condivisa e questo.
Non c’è una procedura che possa garantire questo evidentemente, un modo efficace è consentire alle diverse generazioni di lavorare insieme nell’impresa.
Questo è un passaggio importante e a volte può rallentare il processo. Per esempio quando i genitori non si sentono tranquilli e così prendono tempo, aspettando che si maturino i tempi.
Anche se è importante comprendere che è naturale che la generazionale successiva interpreti l’impresa in modo diverso, abbia strategie differenti ma il punto è condividere lo scopo dell’impresa.
Ci sono altri soggetti interessati al passaggio generazionale oltre ai figli?
Certamente e sono numerosi. Anche i manager dell’impresa o i collaboratori possono esserlo.
A volte possono esserci le condizioni per consentire un processo di management buyout, in questo caso sono i dipendenti o un gruppo di collaboratori che acquisiscono l’impresa.
Altri soggetti interessati alla transizione sono la comunità e il territorio dove l’impresa è nata e si è sviluppata creando non solo occupazione e benessere ma anche cultura. La successione generazionale non è dunque un automatismo, ha bisogno di una preparazione…
Una transizione va sempre preparata
Alcuni preferiscono che chi subentra lavori, o abbia già lavorato, in azienda. Anche in questo però possono esserci diverse modalità d’azione: ci sono genitori che mettono subito i figli in posizione di comando, altri invece che preferiscono che i figli prima lavorino e si facciano una solida esperienza o nell’impresa di famiglia o fuori.
Questa per esempio è una pratica assai diffusa che facilita anche l’ingresso in azienda di nuove idee, di innovazione.
Ci sono anche genitori che fanno sedere i figli nel consiglio di amministrazione per allenarli alle sue dinamiche complesse; altri che affiancano al figlio un bravo coach, un mentore, per aiutarli a prendere confidenza con le nuove prospettive che si hanno quando diventi un imprenditore.
Quali sono le maggiori criticità del passaggio generazionale dell’azienda di famiglia?
Possibili criticità possono presentarsi nel caso in cui succedono più persone, situazione che può svelare un accordo fragile tra le parti.
Proprio per questo il patto sulla visione d’impresa, cioè una sorta di accordo che viene stipulato tra chi lascia l’azienda e chi subentra, è un passaggio obbligato altrimenti ci troveremmo non tanto di fronte a una transizione generazionale ma solo a una “transizione” patrimoniale, cioè un passaggio di beni.
La successione d’impresa non è mai solo questo, ma un lascito di idee, di visione, di scopo che deve trovare un erede.
La domanda da porsi
C’è una domanda chiave che attraversa ogni transizione: “che cosa vogliamo fare dell’impresa?”
Un quesito semplice ma cruciale: “Cosa sarà per noi questa impresa”?
È la domanda che governa l’entrata e l’uscita degli imprenditori nelle transizioni generazionali.
Quanti giovani rinunciano alle aziende di famiglia perché non attirati dal tipo di lavoro?
Non ho dati alla mano, ma ci sono abbastanza giovani che rinunciano.
Le persone hanno le proprie vocazioni e non tutti nelle nuove generazioni si sentono votati a diventare imprenditori delle imprese di famiglia, spesso scelgono altre strade.
Talvolta però i genitori sono tentati di forzare la mano.
Quali sono gli step per una transizione generazionale di successo?
Non c’è una ricetta, un manuale che indichi il processo più efficace per tutte le esperienze perché le variabili che lo influenzano sono molte, possiamo però indicare alcuni passaggi abbastanza praticati:
- Condividere e discutere la visione dell’impresa.
- Mettersi seduti attorno a un tavolo e discutere di come immaginano l’impresa: in questo modo si crea “il patto dell’impresa” di cui parlavamo prima.
- Assegnazione di ruoli e responsabilità ai successori oppure farli allenare fuori dell’impresa.
- Accompagnare i figli nei del consiglio di amministrazione dell’impresa per abituarli a prendere decisioni, a negoziare, a trovare soluzioni. E perché no? Anche a vivere i conflitti.
- Affiancare ai successori un coach o un mentore per aiutarli e sostenerli nella crescita e nella gestione del nuovo ruolo.
Quali strumenti si usano per gestire il passaggio generazionale dell’impresa di famiglia?
Ce ne possono essere diversi, dalla semplice accettazione dell’eredità alla cessione totale o parziale di quote azionarie.
Continuo a pensare che lo strumento migliore però sia culturale.
È solo l’idea che si ha dell’impresa e del contributo che si vuole che essa dia per migliorare il mondo e la società che può rendere sostenibile una transizione di senso.