La sostenibilità dei trasporti in Italia

Pietro Spirito fa il punto della situazione di come viviamo i trasporti in Italia e di come si dovrebbe virare alla sostenibilità. Camion, aerei, treni e navi sono il nuovo modo di fare trasporto.

Trasporti = Disagio

Quando si parla di trasporti in Italia, si tocca sempre un tasto molto dolente.

Il sistema tricolore è flagellato da diverse problematiche che influiscono in primis sui cittadini, generando malcontento e spesso causando notevoli disagi. Tutto questo in un momento storico come quello che stiamo vivendo non è più sostenibile.

Proprio per questo motivo, Pietro Spirito, Professore straordinario di Management delle infrastrutture pressò Universitas Mercatorum e docente dell’Academy di Sostenabitaly, prova a fare il quadro dell’attuale situazione italiana, introducendo diversi spunti di riflessione che porterebbero ad una realtà decisamente più sostenibile.

Professore attualmente come si presenta la situazione trasporti in Italia?

Quando parliamo di trasporti non possiamo fare riferimento ad un solo Paese, perché la caratteristica principale dei trasporti è la rete di connessioni mondiali, internazionali, di cui è costituita.

Non ci si ferma solo alle connessioni di tipo locale, che sono importanti, ma sono diventate un modo che ci collega con il mondo.

Tra pandemia e guerra, come sono cambiati gli equilibri?

Ci sono stati una serie di cambiamenti importanti. Il vero problema è rappresentato dall’assenza di personale specializzato, una realtà del dopo pandemia. Il covid ha modificato drasticamente quello che era l’organizzazione precedente: prima avevamo trasporti più bassi e competitivi, ora trasporti molto più congestionati a prezzi molto più competitivi.

Trasporto marittimo

Soprattutto con la pandemia il trasporto marittimo ha registrato una forte crescita dei noli e dei contenitori, al punto tale che il collegamento con l’Asia si è sestuplicato dal 2019 al 2021.

Chiaramente questo sta modificando tutta una serie di convenienze economiche.

Trasporto aereo

Un chiaro esempio è il trasporto aereo che, se prima era diventato un sistema facilmente accessibile da chiunque grazie al sistema low cost, oggi è cambiato così tanto che è diventato davvero molto difficile viaggiare.

Addirittura impossibile se pensiamo ad alcuni Paesi europei. Basti pensare al caso Lufthansa che ha cancellato oltre 2mila voli per una carenza di offerta contro una domanda sempre più crescente.

Perché manca il personale?

Perché nei trasporti un minimo di competenza devi averla.

Per come si è evoluta la questione negli ultimi anni, un minimo di preparazione e di esperienza devi averla.

Facciamo un esempio banale: per essere macchinista di un treno devi fare almeno una formazione di un anno prima di iniziare a guidare.
Un comandante di una nave non si improvvisa, un pilota di aerei non si improvvisa.
Un controllore di volo non nasce dall’oggi al domani.

Poiché negli anni precedenti ci sono stati forti tagli perché la domanda era calata di molto, quelle stesse persone, che avevano queste competenze, oggi hanno trovato altri lavori e non sono disponibili.

Facciamo un altro esempio: i camionisti!

Noi ci troviamo oggi in tutta Europa con una grande carenza di camionisti e per fare i normali trasporti di beni di consumo o alimentari serve un numero che non soddisfiamo neanche lontanamente.

Ci troviamo oggi di fronte a una serie di scompensi che sono stati determinati dalle crisi precedenti. Quello che sta accadendo è una situazione che porta a ripensare a come saranno i trasporti in futuro anche perché ai trasporti sono collegate diverse altre vicende.

Come la questione energetica?

Sappiamo che l’Europa ha deciso che dal 2025 non si vendono più automobili che non siano elettriche e questo modifica tutta la filiera di chi lavora nel mondo dei motori.

Si calcola che, nel momento in cui non si potrà produrre l’automobile alimentata a petrolio o metano, in Italia sono a rischio 60mila posti di lavoro.

Siamo di fronte a una quantità di informazioni molto significative che però stiamo affrontando senza una programmazione adeguata. Stiamo andando senza un indirizzo, una guida e questo porta costi maggiori soprattutto dal punto di vista sociale.

Alis – Associazione Logistica dell’Intermodalità Sostenibile

Professore lei e l’organizzazione di cui fa parte Alis – Associazione Logistica dell’Intermodalità Sostenibile – state lavorando per dare una consapevolezza concreta per programmare step di crescita sostenibile?

Alis ha capito che c’è una vicenda che si chiama intermodalità, ovvero la possibilità di combinare diversi modi di trasporto per poterli rendere più efficienti alla clientela.

L’intermodalità viene molto citata in Italia ma molto poco utilizzata.

Noi abbiamo come punto di debolezza del nostro trasporto commerciale il trasporto tutto gomma, che oggi fa circa l’80% del mercato.

La soluzione

Combinando invece il trasporto tra ferrovia e camion e tra ferrovia e nave avremmo una grande efficienza dal punto di vista sociale e sostenibile.

Il tutto strada ha un impatto ambientale molto negativo a partire dall’emissione di CO2 e dalle emissioni inquinanti, mentre il trasporto marittimo e ferroviario sono meno impattanti.

Purtroppo richiedono la capacità di combinare la flessibilità del camion che arriva ovunque, con quella di trasporto di massa effettuato dal trasporto marittimo e ferroviario.

L’intermodalità è sempre stata una cenerentola nei trasporti, quindi Alis cerca di promuoverla ed è un apporto importante.

Ci rivolgiamo a diverse realtà, tra le quali i camionisti e i trasportatori che devono cambiare la propria mentalità e pertanto modificare il loro modo di lavorare integrando al loro mezzo di trasporto la nave o il treno.

Il cambiamento però è rivolto anche ad altre categorie, vero?

Anche l’industria deve partecipare a questo cambiamento. In Italia ancora usiamo il trasporto franco fabbrica, i nostri imprenditori vendono il prodotto che va in export all’importatore, consegnando il prodotto fuori dallo stabilimento senza preoccuparsi del trasporto.

Questo comporta che l’Italia regala ai Paesi importatori il 15% della produzione industriale: un valore aggiunto notevole. Se noi governassimo il trasporto, recupereremmo quella percentuale di valore aggiunto.

Purtroppo, delegando il trasporto agli importatori (arabi, tedeschi, francesi…), decidiamo che quella parte non sia gestita dall’Italia.

Questa è un’incapacità, perché i nostri imprenditori sono bravi a produrre i prodotti ma sono incapaci di gestire un pezzo della filiera. Il valore aggiunto connesso alla logistica è cresciuto e chi continua a delegarlo è un Paese che regala questo bene prezioso e decide di essere meno forte.

La politica come si colloca in tutto questo?

L’industria privata non ha a che fare con la politica. Ci sono alcune industrie legate alla politica e sono quelle legate all’aerospazio, alla difesa e quindi più delicate.

Ma non tutto è legato alla politica e il paradosso è che l’industria meno consapevole è proprio quella legata meno alla politica. L’industria deve crescere di consapevolezza, ma devono crescere anche gli imprenditori privati.

In Italia abbiamo una grande fetta di imprenditoria composta da imprenditori piccoli e medi, sono loro che devono abbracciare il cambio di mentalità per recuperare quel pezzo della filiera che ci indebolisce.

Sostenabitaly per un cambio di mentalità

Professore, lei è docente del corso sui trasporti e le infrastrutture dentro l’Academy di Sostenabitaly.

Il corso è sì rivolto a nuove leve che si affacciano al mondo dei trasporti, ma è rivolto anche a quelle persone che stanno cambiando mentalità e approccio a questo ambiente.

Che cosa possiamo dire a tutte le persone che vogliono lavorare sostenibilmente nel sistema dei trasporti e delle infrastrutture?

Il consiglio per il futuro

Che devono fare una grande battaglia. Devono costruire il futuro ed è bene che non lo costruiscano con lo specchietto retrovisore.

Perché se si costruisce con le logiche del passato, questo Paese non ce la fa.

Il futuro vuol dire guardare avanti e alle esperienze internazionali. Bisogna avere coraggio nella discontinuità. Se queste persone fanno i pecoroni, scavano la loro fossa.

O pensano che stanno costruendo il loro futuro o pensano che stanno costruendo la loro tomba.

Se vogliono rimandare di pensare alla lapide, è meglio che si mettano a lavorare con serietà.

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