Festeggiamo la Giornata Mondiale degli Oceani

Dalla Oceans Week ad Adidas vediamo le più importanti iniziative per promuovere il benessere degli oceani.

Surferemo sulle bottiglie di plastica?
O continueremo a mangiare pesce e microplastiche?

Sono interrogativi importanti che oggi più che mai si fanno portatrici di una problematica seria e irrimandabile: la plastica nei mari e negli oceani.

Ripuliamo i fondali marini

Proprio oggi che è la giornata mondiale degli oceani, si punta il focus su questa urgenza di dare una ripulita ai fondali marini per evitare di avere ripercussioni fisiche, storiche, biologiche e ambientali.

La giornata mondiale degli oceani è un’occasione per riflettere sul loro ruolo all’interno del nostro ecosistema e su come salvaguardarlo, una buona scusa per non pensare al mare solo in ottica prova costume e tintarella.

Vicini al punto di non ritorno!

È abbastanza chiaro che il mondo è ormai vicino a un punto di non ritorno, con gli oceani destinati a contenere più plastica che pesci, studi scientifici dimostrano che da qui al 2050 questo sarà il destino delle superfici acquatiche se non facciamo qualcosa di veramente importante per cambiare il trend.

Proprio per questo motivo è nato il trattato dell’Onu contro l’inquinamento da plastica nelle acque.

Le iniziative al cambiamento

Ne avevamo già parlato in un articolo sui danni che può avere la plastica e la microplastica nei mari.
Invece di ribadire l’urgenza, è bello anche volgere lo sguardo verso le iniziative che stanno già apportando un cambiamento importante.

Milano Ocean Week

La prima è quella di Milano Ocean Week, una manifestazione che si svolgerà dall’8 al 12 giugno.
Una serie di iniziative alla loro prima edizione – fortemente volute dalla One Ocean Foundation, patrocinata dalla Prefettura e dal Comune di Milano, dalla Marina Militare e realizzata in collaborazione con il Cultural partner Fondazione Riccardo Catella, con il supporto di Giorgio Armani – tra mostre fotografiche, proiezioni, performance musicali, talk e laboratori didattici, tutti dedicate al mare.

Run for the Ocean di Adidas

Proprio oggi termina invece la Run for the Ocean di Adidas.
L’iniziativa di Adidas, e del suo storico partner Parley, ha riunito a livello mondiale più di 8,2 milioni di runner con un’idea seriamente innovativa e motivante.

La pandemia ci ha fatto scoprire che siamo un popolo di runner, che a tutto rinuncerebbe tranne che alla corsetta quotidiana, così Adidas ha colto la palla al balzo e per ogni 10 minuti di corsa da parte dei partecipanti, insieme a Parley, si impegna a raccogliere una bottiglia di plastica.

Così tutti i runner che hanno partecipato, hanno fatto sì che si raggiungesse un percorso totale di oltre 81,7 milioni di chilometri (oltre 2mila volte il diametro della Terra).

Per questa edizione si è arrivati a 740 milioni di minuti di attività sportiva accumulati a livello mondiale, un bel traguardo che non solo pulirà i nostri oceani, ma contribuirà alla sostenibilità anche dal punto di vista produttivo.  

Dall’inizio della partnership nel 2015, infatti, Adidas ha realizzato oltre 50 milioni di paia di scarpe, di cui 18 milioni solo nel 2021, in Parley Ocean Plastic, un materiale ricavato dai rifiuti raccolti sulle spiagge e nelle zone costiere prima che potessero contaminare gli oceani.

“Il tempo – spiega la vicepresidente senior della divisione Sustainability di Adidas Katja Schreiber – non è dalla nostra parte nella corsa per eliminare i rifiuti plastici.
Ecco perché dobbiamo premere ancor di più sull’acceleratore e agire nel modo più mirato possibile.

È importante che gli impegni del nostro brand riflettano la situazione che stiamo affrontando ed è per questo che abbiamo fissato l’obiettivo ambizioso di sostituire ogniqualvolta possibile il poliestere vergine con quello riciclato nei nostri prodotti entro il 2024”.

Impariamo dal passato

Va tenuto in considerazione che a livello storico abbiamo già avuto una grande estinzione di massa, nota come la Grande moria, che avvenne proprio a causa dell’innalzamento delle temperature degli oceani (di 10 gradi Celsius in quel caso) e portò all’annientamento del 95% delle specie acquatiche, forse è proprio il caso di iniziare a correre in direzione opposta.

Si presuppone che nel 2100 le temperature si alzeranno di altri 4.5 gradi con un gravissimo impatto proprio per la fauna che popola gli oceani.

In questo caso potremmo assistere alla sesta estinzione di massa.
È quindi ora di allacciare le scarpe sportive e rimettere in forma il pianeta – e con la scusa, anche noi stessi in vista della prova costume – prima che sia troppo tardi.

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